
Il concordato preventivo per la ristrutturazione dei debiti
27-05-2015
Il legislatore ha messo a disposizione degli operatori economici diversi strumenti operativi da utilizzarsi per la risoluzione della crisi d’impresa, tra cui il concordato preventivo. Di seguito, dopo una panoramica generale sulle possibilità, si analizzerà meglio il concordato preventivo per la sua particolare attualità.
Tra gli strumenti operativi possiamo elencare: il Piano attestato di risanamento, art. 67 3.c. lettera d, legge fallimentare. Un piano nel quale sono indicate le modalità di risanamento, si estrinseca in accordi tra il debitore ed i creditori, fornendo alcune garanzie in più rispetto all’accordo stragiudiziale con i creditori.
L’ Accordo di ristrutturazione dei debiti, art. 182 bis, legge fallimentare è invece un piano nel quale sono indicate le modalità di risanamento da attuarsi a mezzo di accordi con i creditori ed è previsto che almeno il 60% di essi aderiscano all’accordo. È previsto l’intervento del Tribunale in fase di omologa (ossia verifica l’avversarsi delle condizioni necessarie) ma non nella fase esecutiva del piano.
Il Concordato preventivo, art. 161 e seguenti legge fallimentare è come detto la procedura più complessa tra quelle indicate nel presente elaborato. In seguito ad esso il debitore mira a risolvere la crisi d’impresa mediante un accordo con i creditori sotto il controllo del Tribunale.
Che cosa prevede un piano di concordato
Il concordato preventivo prevede: la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori in qualsiasi forma, mediante cessione di beni, accolli, o altre operazioni straordinarie; mediante l’attribuzione delle attività dell’impresa ad un assuntore; mediante la cessione dell’impresa; mediante il suo conferimento in altre società.
E’ prevista la suddivisione dei creditori in classi ai quali riservare trattamenti economici differenziati a seconda della classe di appartenenza.
Il Tribunale interviene in ordine all’esame dell’ammissione alla procedura di concordato preventivo, mediante l’emissione del decreto di ammissione alla procedura stessa. Il decreto contiene la nomina del Giudice Delegato e del Commissario Giudiziale. L’Imprenditore, in concordato preventivo, continua ad amministrare la propria azienda sotto la vigilanza del Commissario Giudiziale e per gli atti di straordinaria amministrazione è richiesta l’autorizzazione del Giudice Delegato. Ove i creditori approvino la domanda di concordato il Giudice Delegato verifica il raggiungimento delle maggioranze previste per l’approvazione. Viene quindi aperto il giudizio di omologazione, dando così corso al decreto di omologazione ed alla successiva esecuzione del concordato. In caso di mancata approvazione il Giudice Delegato riferisce al Tribunale il quale dichiara inammissibile la proposta di concordato e su istanza di un creditore o su richiesta del P.M. dichiara il fallimento del debitore.
Come è cambiato il concordato preventivo
Il D.lgs del 22 giugno 2012 n. 83 noto come “decreto sviluppo” ha introdotto novità importanti sul concordato preventivo. In particolare, sulla domanda di ammissione: prevedendo la possibilità di depositare la sola domanda di ammissione rimandando il deposito del piano entro un termine tra 60 e 120 giorni, con l’effetto di ottenere sin da subito la protezione di azioni esecutive. E’ stato introdotto il “concordato con continuità aziendale” art. 186 legge fallimentare.
Le caratteristiche qualificanti di tale nuova fattispecie sono da ricercare nella condizione che la prosecuzione dell’attività aziendale sia funzionale ad un miglior soddisfacimento dei creditori e che tale condizione debba essere attestata. Come pure altre previsioni in relazione ai contratti in essere e di nuova sottoscrizione atte alla tutela della continuità aziendale.
Dal breve elaborato introduttivo sin qui esposto, si nota chiaramente come la scelta dello strumento per la risoluzione della crisi sia un momento delicato ove l’imprenditore, già sollecitato da giornate con mille problemi, possa essere portato a scegliere con urgenza salvo poi scoprire i risvolti purtroppo quando è oramai troppo tardi. E’ appunto nella fase decisionale che il confronto con un Consulente di Direzione CEDEC può offrire il massimo del valore aggiunto, fornendo un supporto esterno alle logiche relazionali dell’azienda, un terzo imparziale, che, l’esperienza ci insegna, può sicuramente contribuire a chiarire e quindi agevolare la decisione più appropriata.